Già nel 2011 l’autore e storico delle tecnologie George Dyson scriveva: “Viviamo in un mondo in cui l’informazione è potenzialmente illimitata. L’informazione è a buon mercato, ma il senso è costoso. Dove sta il senso? Solo gli esseri umani possono dire dove sia. Noi estraiamo il senso dalle nostre menti e dalle nostre vite.” Dopo cinque anni quest’affermazione è ancora più vera, ogni giorno siamo infatti costantemente bombardati da informazioni provenienti dagli smartphone, dal televisore, dai computer, sempre e ovunque.
Tuttavia, quante di queste informazioni permangono? Quante colpiscono e di conseguenza vengono ricordate? Come fare a differenziarsi dagli altri e a creare interesse invece che cercarlo?
L’importanza dei contenuti visivi
La risposta è nei contenuti visivi e la prova è nel grande numero di social network basati sulle immagini che sono nati negli ultimi anni, dal più famoso Instagram al giovanissimo Snapchat, l’app di messaggistica che funziona per immagini, passando per Tumblr, Pinterest, Flickr e lo stesso Facebook (su cui gli utenti caricano quotidianamente circa 250 milioni di fotografie). Non solo, negli ultimi tempi c’è stato anche il grande boom delle infografiche, un modo piacevole ed intuitivo per spiegare concetti o raccontare argomenti. La ragione di questa diffusione a macchia d’olio prende il nome, negli studi contemporanei, di Picture Superiority Effect, ovvero “effetto di superiorità delle immagini”, la tendenza a ricordare maggiormente un concetto se esso è presentato in immagini.
Questo accade perché la mente umana processa le informazioni visive 60.000 volte più velocemente rispetto ai testi e perché l’83% dell’apprendimento umano avviene attraverso la vista; si è calcolato inoltre che la curva d’attenzione di un soggetto medio è pari a 9 secondi, meno di quella di un pesce rosso, che è di 8!
Gli ultimi studi e le realtà social hanno sì portato ad una nuova concezione dell’immagine, tuttavia un contenuto visivo da solo non ha il potere di coinvolgere il pubblico tanto da portarlo a fare una certa azione, ad esempio acquistare. Serve un passo in più, serve coinvolgere l’osservatore, intrigarlo, incuriosirlo e cogliere la sua attenzione; per far questo è necessaria una buona narrazione, ed è qui che entra in gioco lo Storytelling.
Visual e Story
Secondo gli scienziati cognitivi l’uomo processa automaticamente le informazioni ricevute elaborandole in forma di storie; lo psicologo statunitense Jerome Bruner teorizza che la mente umana usa la forma narrativa per delineare meglio gli eventi del mondo reale e percepirli in quanto realtà: “Perché usiamo la forma del racconto per descrivere eventi della vita umana, ivi comprese le nostre vite? Lo facciamo perché molto spesso la vita segue la forma e il formato di una storia. Lo facciamo perché funziona e perciò ci facciamo affidamento in quanto nostro principale modello mentale” (Jerome Bruner, La fabbrica delle storie: diritto, letteratura, vita, Edizione Laterza 2015).
La mente umana è costantemente alla ricerca di significati e la forma narrativa aiuta a mette in ordine gli eventi che accadono attorno a noi per poterli meglio comprendere; la mente crea connessioni in modo automatico utilizzando modelli tipici della narrativa, come ad esempio una semplice sequenza causa-effetto. Se non riesce a creare una storia dalle informazioni percepite, tende ad ignorarle.
Per far meglio comprendere questo concetto lo studioso Kendall Haven, nel suo libro Story Proof: The Science Behind the Startling Power of Story (Ed. Libray of Congress Cataloging 2007) utilizza questo semplice esempio:
Lui andò al negozio
Fred morì.
Sharon diventò affamata e pianse.
Che cosa avete appena letto? Avete pensato che Lui fosse Fred? Avete forse pensato che Fred fosse andato al negozio a prendere qualcosa da mangiare per Sharon e che lei abbia pianto perché lui è morto? Ecco le connessioni di cui si è accennato prima.
Questo è solo un semplicissimo esempio di quanta portata abbiano le storie, ora pensate come si può sfruttare tutto questo insieme a delle belle immagini: si può provocare forti emozioni, mandare messaggi, incitare a fare qualcosa.
Visual Storytelling: raccontare con le immagini
Mentre qualche anno fa era utilizzato prettamente nella pubblicità, nel teatro e nel cinema, oggi è lo strumento più importante non solo per chi lavora nel social marketing (editor, video maker, grafici, illustratori, programmatori, pubblicitari, artisti e giornalisti) ma anche per le aziende che hanno l’opportunità di raccontarsi attraverso fotografie, immagini, video o vines e in questo modo farsi conoscere dai consumatori creando curiosità, empatia e condivisione.
Digital Marketing grazie il visual storytelling?
Ci sono alcuni accorgimenti da poter seguire per avere buoni risultati.
Per prima cosa bisogna mostrare i propri prodotti inseriti in contesti e situazioni reali, è utile creare un vero e proprio storyboard come avviene per i film o per gli spot pubblicitari, pianificando quali immagini utilizzare, quali didascalie e testi inserire, in quale sequenza, il tutto ovviamente senza mai dimenticare l’obbiettivo, ovvero: cosa voglio raccontare?
Nella maggior parte dei casi si scelgono narrazioni brevi, di carattere divertente, ironico o formativo, molto curate, spesso preparate anche da specialisti: l’ultimo esempio è il recentissimo spot di Kenzo, diretto dal regista di Her, Spike Jonze.
È importante anche produrre dei contenuti che creino engagement, che facciano discutere (ovviamente meglio se in positivo). Anche coinvolgere direttamente gli utenti da una marcia in più, attraverso sondaggi o con dei premi oppure facendo postare delle foto dei consumatori con il prodotto che hanno acquistato: li rende partecipi, anzi di più, crea una comunità. Si veda a questo proposito gli ottimi esempi dei siti come Tee Tee o Qwertee, che vendono t-shit.
Mostrare il dietro le quinte dell’azienda da un senso di autenticità, gli utenti infatti cercano un legame più umano, vogliono conoscere i segreti del marchio, cosa ispira le idee e l’innovazione dell’azienda. Un altro suggerimento importante è keep it simple: trovate una logica ed uno stile comune alle fotografie, utilizzate sì i prodotti ma non puntate solo su quelli, siate autoreferenziali ma non troppo!
Cercate gli hashtag più in voga e utilizzateli sia per ampliare il vostro campo d’azione sia per conoscere altre realtà affini al vostro ambito; con queste nuove realtà potete condividere contenuti sui social per allargare ancora di più il vostro pubblico. È meglio concentrarsi inizialmente su un solo social, trovare una linea e un proprio stile e poi passare anche agli altri.
Ci sono moltissime realtà da cui prendere spunto per fare visual storytelling, il brand di moda online Modcloth, ad esempio, che sulla sua home page racconta di ragazze giovani e indipendenti attraverso bellissime immagini bohémien, ovvero il target a cui la compagnia punta; scegliete quindi il vostro pubblico e tarate su di esso la comunicazione.
[box]Curioso di vedere esempi del nostro lavoro? Campagne di Content Marketing.[/box]
Il visual storytelling è in continuo cambiamento, perciò non esiste un vademecum sicuro e definito che assicuri risultati positivi, ho cercato di coprire gli aspetti principali e fornire alcune linee guida, non vi resta che provare e scoprire le potenzialità narrative nascoste in voi!