Storytelling, community manager e HR: Intervista a Roberta Migliori

Storytelling, community manager e HR: Intervista a Roberta Migliori

Non è facile crescere in questo mondo fatto di web 2.0, di connessioni, di sfide continue. Ci sono persone in gamba che lavorano nel tuo settore ed è difficile emergere: c’è concorrenza. Il lavoro? A volte è difficile trovarlo, ma la convinzione è questa: con impegno e competenza si raggiungono tutti gli obiettivi.

Sembra una frase già ascoltata da qualche parte, vero? Può essere, però ci sono tanti ragazzi che ogni giorno si fanno notare per le proprie competenze, e riescono a raggiungere risultati interessanti. Oggi voglio dare spazio a una delle promesse del web, una vera eccellenza digitale: Roberta Migliori.

Chi sei e di cosa ti occupi?

Quando mi fanno questa domanda rispondo inizio sempre dicendo che sono una persona felice e fortunata, malata di inguaribile ottimismo.

Nella vita faccio un lavoro che amo moltissimo: mi occupo di consulenza di comunicazione (soprattutto interna) per grandi aziende all’interno del gruppo GSO company. Faccio parte di un team di professionisti con tanta esperienza, e questo mi permette di imparare ogni giorno qualcosa di nuovo. Solo parlarne mi entusiasma.

Racconta ai lettori come hai iniziato

Il mio colpo di fulmine per il mondo della comunicazione digitale è iniziato dall’altra parte dell’oceano: qualche anno fa ho avuto la possibilità di frequentare un corso intensivo di social media marketing alla Michigan State University, e da quel momento non mi sono più fermata.

La sensazione è stata quella di indossare un abito sartoriale: dopo aver mosso i primi passi nel mondo del giornalismo e dell’editoria, passare alla comunicazione aziendale è stato come trovare finalmente il mio perfetto “paio di scarpe“. È stata dura sopravvivere per un mese senza il mio amato cibo italiano, ma ne è decisamente valsa la pena!

Poi è stato tutto molto spontaneo: i primi stage, le prime collaborazioni, il networking e oggi questa bella avventura in GSO.

Meglio lavorare come freelance o in team?

Anche se ho energia da vendere ho solo 24 anni, quindi nel mio caso credo che lavorare in team sia la soluzione ideale per sviluppare delle basi solide.

Ho bisogno di imparare da chi ha più esperienza e di farmi guidare: solo così posso crescere professionalmente ed essere coinvolta sin da subito in progetti importanti. In più, se trovo un ambiente accogliente e che mi valorizzi, tendo a sviluppare un forte senso di appartenenza all’azienda: penso che, in fin dei conti, lavorare in gruppo faccia proprio per me.

In linea generale però non credo che esista una risposta univoca: molto dipende dalle competenze della persona, dalle sue ambizioni, dai suoi desideri di vita e anche dal suo carattere. Penso che si possa essere ottimi professionisti sia volando da soli, sia volando in Squadra (purché abbia la S maiuscola!).

Come inizia la tua giornata?

La mia giornata inizia e finisce con lo smartphone. Accendo il telefono, leggo le notifiche, controllo le e-mail, rispondo ai commenti… È uno dei momenti principali per il mio personal branding. Poi, quando la giornata comincia, mi dedico ai brand altrui!

Social: perché sono così importanti per un’azienda?

Mi capita quotidianamente di essere community manager di social network aziendali: per noi sono fondamentali per il supporto all’apprendimento in aula e sono ormai parte integrante di qualunque progetto di formazione.

E ti dirò di più: da quando ho iniziato a occuparmi di social media all’interno delle aziende, la cosa che più mi sorprende è la capacità dei social network di far emergere il talento delle persone, anche a livello organizzativo.

Quando creiamo dei piccoli contest interni, per esempio, i risultati sono sorprendenti: l’azienda grazie ai social scopre di avere già “in casa” delle gemme nascoste, dei piccoli influencer, e può coinvolgerli e valorizzarli.

Blogging: come si integra nella tua professione?

Prima di costruire il mio blog mi sono chiesta “Ha senso aprire un blog anche se non sono freelance?” e mi sono subito risposta di sì: le aziende, in fondo, sono fatte di persone. Ora ho (finalmente!) aperto il mio blog personale (www.robertamigliori.it), con due obiettivi molto chiari: fare rete, dimostrando le mie competenze, e creare valore anche per l’azienda in cui lavoro.

Sono convinta sostenitrice del blogging come strumento di comunicazione, e credo che sia insostituibile nell’accorciare le distanze nei confronti delle persone che desidero raggiungere.

Ho lavorato a lungo sul mio personal branding prima di aprire un blog, e devo dire che al momento dell’apertura ho trovato nei miei lettori un’accoglienza e un entusiasmo che hanno superato qualunque aspettativa.

Native advertising e branded content. E l’autenticità del web?

Questo è un tema che mi è molto caro: io credo che l’autenticità non sia in alcun modo compromessa dal branded content. Cercare di ingannare il proprio pubblico oggi non solo non ha alcun senso, ma è un vero e proprio suicidio: sul web tutti i nodi vengono al pettine, sempre e comunque.

Molti associano ancora l’idea di “comunicazione” all’idea di menzogna: eppure da quando faccio questo mestiere – anche se mi sono state fatte tante richieste assurde – non mi è mai capitato di dover mentire!

Passiamo per un momento al cartaceo: alcune delle principali riviste rivolte a professionisti del web hanno scelto di mettere a disposizione degli spazi dedicati al native advertising. Non soltanto quando sfoglio la rivisita mi viene voglia di dedicare parte del mio tempo anche agli articoli scritti dai brand, ma dopo aver letto il contenuto spesso quell’azienda mi sta persino più simpatica.

Non mi ha urlato nelle orecchie “Sono bravissima e bellissima!”, ma ha fatto lo sforzo di integrarsi in un prodotto editoriale di mio interesse e mi ha dato delle informazioni importanti per il mio lavoro.

Un bravo web marketer non ti consiglierebbe mai di non essere autentico, ma è in grado di preservare l’autenticità del “contenitore” (per esempio, un blog) raggiungendo allo stesso tempo gli obiettivi del proprio cliente. Difficile, dici? Certo, stampare un volantino e distribuirlo nella cassetta della posta di tutta la città certamente è più facile. Mi chiedo se sia altrettanto efficace.

Comunicazione e Risorse Umane: in che modo si fondono queste due professioni?

Più che di fusione parlerei di perfetta integrazione: la comunicazione e le HR sono professioni che vanno molto d’accordo fra loro, perché entrambe pongono al centro la persona.

La comunicazione dà ai responsabili HR un supporto necessario per coinvolgere le persone e diffondere la conoscenza all’interno delle aziende. La necessità di lavorare insieme è emersa ancora di più grazie alle nuove tecnologie: negli ultimi anni le dinamiche tipiche dei social network hanno aperto nuove modalità di apprendimento e di condivisione di saperi e competenze all’interno dell’azienda.

Ma attenzione: non basta portare nell’organizzazione una nuova tecnologia perché i dipendenti la adottino sul serio. Solo se la comunicazione e le HR lavorano fianco a fianco si innesca quel cambiamento culturale che permette di vivere l’innovazione al meglio delle sue potenzialità.

Qual è stato il progetto di maggior successo fino ad oggi?

Su questo non ho alcun dubbio: è stato un progetto di storytelling per un’importante azienda italiana. Dopo una formazione in aula non convenzionale, abbiamo creato una web app per proseguire il percorso di apprendimento.

Fra le altre cose, abbiamo chiesto ai partecipanti di utilizzare l’app per raccontare una storia legata alla propria vita professionale e di condividerla all’interno della community: non è mai facile chiedere alle persone di esporsi in un contesto organizzativo.

In questo caso il mio compito è stato quello di creare un ambiente amichevole, di fiducia, in cui i dipendenti si sentissero a proprio agio nella condivisione delle proprie storie. Dovevo anche convincerli a scrivere senza essere pressante, inventarmi dei nuovi modi per coinvolgerli, e ce l’ho davvero messa tutta!

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