Non basta essere digitali per avere successo sul web. La rete è un universo strano, difficile da decifrare, fatto di continui cambi e sfumature differenti. Quello che può essere utile a me, probabilmente, non avrà effetto nel tuo progetto. E vivecersa.
Un sito web, una pagina Facebook, un account Twitter: inizia a pubblicare contenuti e cosa ottieni? Niente. Forse devi fare un evento offline per amalgamare il tutto, per creare nuove connessioni, nuove sinergie. Sembra facile vero? Non lo è. Per questo oggi ci sono persone come Rosa Giuffrè che hanno tanto da offrire alle PMI. E tanto da raccontare alle interviste come quella di Mediabuzz.
Ciao! Ci racconti chi sei?
Sono Rosa Giuffrè, Communication Consultant, Social Event Planner di Como. Sono un’ambasciatrice della cultura Social e del #comunicarepositivo, per questo mi occupo anche di networking strategico, Digital PR e formazione per aziende, PMI e associazioni in tutta Italia.
Mi trovi sul mio blog “Futurosemplice.net (www.futurosemplice.net) easy future for complicated people”, sul quale parlo di Social Network, Web Marketing, Social Events, Positive Life e dal quale esprimo la mia necessità di comunicare il valore della vita e delle persone.
Come hai iniziato?
La mia vita professionale credo sia la testimonianza reale di come non si è mai raggiunto un punto di arrivo. Cerco di essere sintetica: nel ’97 dopo il post diploma in grafica pubblicitaria ho iniziato a lavorare come freelance. Nel ’99 ho aperto una società che offriva servizi di grafica pubblicitaria annessa a una stamperia digitale.
Nel 2001 ho subito un allagamento (sì, hai letto bene…). Alla faccia dell’aiuto ai giovani ho dovuto chiudere la mia attività perché non avevo possibilità di risistemare i macchinari rovinati. L’assicurazione? C’era, è arrivata dopo 10 anni, ma con un indennizzo che ha coperto parte del danno. Mi sono ritrovata dipendente e ho iniziato a lavorare come art director e responsabile comunicazione per diverse aziende e PMI.
Mentre avevo lo studio di grafica, mi ero anche iscritta all’università che ho concluso nel 2010 con Laurea in Comunicazione Aziendale e Marketing. Mi sono ritrovata a lavorare per un’azienda che mi aveva promesso mari e monti, ma poi si è rivelata essere ottusa e poco propensa alla formazione e alla comunicazione. È così che l’istinto mi ha salvata.
Nel 2012, il giorno del mio compleanno ho aperto il mio blog, futurosemplice: una sorta di augurio che mi facevo e la voglia di capire da dentro come funzionava questo mondo ‘social’ che sentivo mi attirava.
È così che partecipando ad eventi, conoscendo persone, creando networking di valore e esprimendo la mia voglia di comunicare mi sono ritrovata nuovamente ad essere freelance e a fare (finalmente) ciò che mi rende felice: comunicare, formare, incontrare persone.
Meglio freelance o lavoro team?
Ho avuto un’esperienza con una socia fallimentare. Io oggi credo che sia meglio freelance, ma con flessibilità. Mi spiego meglio: il lavoro sui social media ti porta spesso a creare team virtuali che si creano e lavorano per un progetto. Ecco, questa è la mia dimensione ideale. Tu sei capo di te stesso, ma da solo non vai da nessuna parte: collaborare e creare team ‘momentanei’ è molto stimolante.
Come inizia la tua giornata?
Sveglia 7.30 e affronto la to-do list. Ultimamente viaggio molto per fare formazione aziendale (adoro viaggiare!): è difficile darsi degli orari, spesso me lo impongo. Continua? Sì, continua che sei costantemente connesso e spesso ti capita di inviare mail e fare brief anche la sera, ma è parte del gioco (purchè tu ti sappia regolare: non esiste solo il lavoro!).
Come si integra la tua professione in una strategia?
In effetti è parte integrante del mio lavoro. La strategia di comunicazione, insieme alla formazione in azienda, è ciò che mi viene chiesto. Non mi propongo però come digital strategy, ma come consulente di strategie integrate che prevedono sia strategie digitali, sia strategie offline come gli eventi che organizzo. Ovvio che il tutto ha un forte orientamento social.
Native advertising e branded content: implicazioni riguardo all’autenticità del web?
Bella domanda! A mio avviso, più si sporcheranno i contenuti più l’utente percepirà il fine pubblicitario e perderà la forza comunicativa del post. C’è però da fare una distinzione.
Nel primo caso (native advertising), che già è utilizzato in maniera massiccia su Twitter, Facebook e su alcuni blog, il messaggio promozionale è chiaro ed è la stessa piattaforma che ti avvisa di questo, quindi la contaminazione è minore. Bisognerà verificare nel tempo se e quanto aumenteranno. L’equilibrio tra post utenti e post sponsorizzati sarà la giusta strada da seguire.
Per il secondo caso (branded content) che sappiamo già essere utilizzato in maniera massiccia ad esempio in America, abbiamo avuto dei primi timidi esempi. Io credo che in questo caso, se la produzione lavora bene (ad esempio alcuni programmi di Real Tv lo hanno usato), all’utente non cambi nulla.
Ciò che è importante è il rapporto di sincerità che ci deve essere con lo spettatore o lettore: “io ti sto facendo vedere una trasmissione sugli abiti da sposa che chiaramente è promosso e pubblicizzato dalla casa di moda X”. A te spettatore, te ne frega? No, perché tanto ti interessa il contenuto, ovvero se il programma ti intrattiene, se è stimolante. Poi, se gli abiti arrivano dalla casa di moda X ben venga, se li troverò interessanti saprò dove acquistarli.
Al contrario (in entrambi i casi) se la promozione è fatta con sotterfugi (vecchio stile del pubbliredazionale per intenderci) credo che oggi dia più fastidio.
La gestione dei social passa dal Marketing Department al Customer Service: ci sarà un uso diverso della presenza aziendale sui social media?
Io lo spero proprio, è il fulcro del mio lavoro di formazione aziendale, quello che io chiamo “cultura social” o più in generale “digital culture”. Oggi un’azienda non può più esimersi dall’essere social. Attenzione: ho scritto essere e non fare.
Spesso coloro che si occupano di comunicazione e i social media manager, si lamentano di quanto le aziende non siano pronte, preparate, su quanto facciano fatica ad accettare e comprendere il cambiamento.
Chi glielo insegna? Noi stessi ci siamo formati, passiamo giornate intere per capire e percepire dinamiche comunicative e strategiche e pretendiamo che gli imprenditori e i dipendenti delle PMI italiane possano da un giorno all’altro capire e riconoscere l’importanza di questo cambiamento?
Partiamo dalla formazione e portiamo le nostre PMI all’uso strategico dei social media in ogni dipartimento aziendale. Certo che è fattibile… seguitemi! A breve vi accompagnerò in un percorso che parlerà proprio di questo. Dove/come? Ora non posso svelarlo, ma sarà molto interessante!
Qual è stato il progetto di maggior successo fino ad oggi? Perché?
Ricollegandomi alla domanda precedente ti parlo dell’ultimo progetto formativo che sto seguendo: una SpA che ha deciso di fare formazione su LinkedIn, alla propria divisione commerciale.
Ventotto sedi in tutta Italia, novanta persone che fino a ieri conoscevano linkedin solo perché in passato avevano cercato lavoro (e alcuni nemmeno sapevano cosa fosse). Dopo il mio intervento li vedi online presenti e aggressivi a cercare contatti, networking e futuri clienti.
La grande responsabilità per il progetto, si mischia all’orgoglio nel vedere i risultati che stanno ottenendo, senza considerare il ritorno in termini di brand awareness dell’azienda. Quando parlo di cultura-social e #futurosemplice intendo questo. Questa azienda l’ha capito e se lo sta costruendo giorno per giorno.