I dati non lasciano scampo.
Il sud cresce poco. C’è qualcosa che si muove ma non è abbastanza: dal 2000, secondo La Repubblica, il Mezzogiorno d’Italia è cresciuto la metà della Grecia. Sì, quella stessa Grecia che ha rischiato la bancarotta qualche mese fa. Quello del sud Italia è un problema storico, un nodo che ci trasciniamo da decenni. E che trova le sue origini nell’Unità d’Italia. O anche prima.
Colpa di Cavour? O forse di Garibaldi? Magari dei Borboni? La storia non si fa con le ipotesi, ma con i numeri. E quelli che puoi leggere sul rapporto Svimez non lasciano scampo: al Sud una persona su tre è povera mentre al nord il rapporto sale a uno su dieci. L’anno scorso i consumi nel Sud sono stati i due terzi di quelli del Centro-Nord.
E poi grande sorpresa: non si fanno più figli. Proprio in quel meridione famoso per le famiglie numerose. Ma tutto questo è solo il contorno della stilettata inferta dai numeri duri e crudi: il Sud è cresciuto del +13%. Vale a dire oltre il 40% in meno rispetto alla media delle regioni Convergenza dell’Europa a 28. Ovvero +53,6%.
Non c’è manodopera, l’economia arranca, c’è una disoccupazione che tocca picchi difficili da eguagliare: il numero degli occupati al Sud arriva a 5,8 milioni e lavora solo una donna su cinque (35,6%). Un numero infelice se pensi che il tasso di occupazione femminile medio in Europa è del 64%.
Quindi il Sud è destinato all’entropia?
Di sicuro la soluzione che si annuncia non è limpida. Secondo gli analisti il Sud è proteso verso al desertificazione industriale. Non c’è spazio per la crescita e per lo sviluppo. Eppure non mancano le risorse umane e territoriali, non manca la cultura e non mancano le tradizioni. Perché non è possibile valorizzare tutto questo? Perché non possiamo sfruttare tutte le qualità del Sud?
In realtà ci sono scogli difficili da superare da un giorno all’altro – uno su tutti quello delle mafie – ma una speranza c’è: il digitale. Perché attraverso il digitale puoi aggirare gli ostacoli, puoi dare forma alle idee, ma soprattutto puoi sfruttare la democraticità della rete. Su internet siamo tutti uguali, partiamo con le stesse possibilità.
Hai un’idea? Puoi raggiungere il tuo scopo, aggirando ostacoli burocratici che affliggono la vita quotidiana delle imprese al Sud. Non ci sono “figli di” sul web. Ci sono idee, ci sono contributi, ci sono sinergie che permettono al singolo di raggiungere luoghi e persone che prima non si conoscevano. O che erano impossibili da contattare senza un dispendio di risorse impossibile da sostenere.
L’esempio di Nicola Esposito
Ricordi? Abbiamo intervistato Nicola Esposito per il progetto Eccellenze Digitali Italiane: siamo rimasti colpiti dalla sua capacità di trasformare una tradizione di famiglia (l’agricoltura) in un business nuovo e fruttuoso: con La Nostrana non compri un chilo di mele ma adotti un albero.
Ecco come è cambiato il suo business grazie al digitale: “prima la stessa era così strutturata: produzione – vendita – incassi; adesso vendiamo – incassiamo – produciamo. Incassiamo prima di produrre, in modo da autofinanziarci alla grande”.
Tutto questo è stato possibile grazie a un sapiente uso del digitale. In particolar modo di un sito web in grado di registrare le richieste dei clienti, di un’attività social capace di sponsorizzare l’offerta. E di intercettare quelle figure interessate a una frutta biologica. Questa è la grande rivoluzione della comunicazione online: raggiungere gli interessi del cliente, snidare il marketing dell’interruzione per presentarsi alle persone che hanno bisogno di te in un determinato momento.
Come puoi ben immaginare, il marketing è molto cambiato con la diffusione del web. Ma, come sottolinea Lisa De Leonardis, l’innovazione che gli attori del settore apportano ogni giorno è fondamentale. Ecco l’esempio lampante: Ocmvino.
Un progetto che fa la differenza
Ocmvino.it è un sito che trova i suoi genitori in un’azienda (Elledue) nata in provincia di Pescara. L’obiettivo è semplice: informare i produttori e le cantine sugli OCM, bandi molto complessi che spesso le cantine rinunciano a fare.
“Grazie all’attività di SEO e blogging che realizziamo con il nostro sito web siamo riusciti a posizionarci molto bene su Google – dice Massimiliano Gavazzi di Elledue – e questi posizionamenti ci hanno portato molti contatti di aziende che poi sono diventate nostre clienti”.
“Seguiamo l’azienda in tutto il percorso che va dalla realizzazione del progetto e del bando. È un’attività che – continua Massimiliano Gavazzi – senza il web non avrebbe mai potuto assumere queste proporzioni: probabilmente, a quest’ora, staremmo ancora in giro con la macchina, come dei commerciali vecchio stile, avendo la forza di curare solo su due o tre regioni vicine.
Usare il web per creare un servizio nuovo, innovativo. E per farsi conoscere dalle aziende che hanno bisogno di fondi. Questa non è solo l’esigenza di chi vive al Sud e ha un’azienda agricola, ma anche chi ha un padre imbianchino a Milano e vuole aiutarlo a trovare nuovi clienti. Ecco l’esperienza di Diego Mulfari, anche lui già intervistato da MediaBuzz.
L’opinione di Diego Mulfari
Per l’azienda di mio padre il digitale ha un sinonimo: lavoro. Attraverso il web marketing abbiamo risollevato le sorti dell’azienda di famiglia e generiamo sempre nuovi lead. La strategia di web marketing che ho adottato per mulfarimbianchino.com si divide in due parti: coltivare le mie abilità emotive e accrescere le mie competenze tecniche.
Ho imparato ad automotivarmi, a parlare in pubblico, ad essere resiliente di fronte alle difficoltà che si presentavano durante il mio cammino. Insomma: ho imparato a non mollare mai.
D’altro canto ho lavorato sulle competenze tecniche: dallo studio di Google AdWords al social adv con Facebook, alle creazione di post con un blog WordPress, fino ad arrivare a video tutorial su Youtube.
Insomma sperimentare, affinare, ottimizzare. E riprendere a sperimentare. Ad oggi abbiamo un sito web aziendale, un blog, un App disponibile per Android (I-Imbianchino), una fan page molto seguita e un canale Youtube. Il digitale vuol dire anche credere nei tuoi sogni, rendeteli raggiungibili e lavorare tutti i giorni in quella direzione.
Forse il digitale salverà il Sud
Il Sud è un territorio che ha bisogno di tempo per risollevarsi. Ha bisogno di tempo e risorse. Deve risolvere i problemi con la criminalità organizzata, e ha bisogno di idee. Tante idee. La mia speranza è che si sblocchi il prima possibile l’apparato burocratico per attivare la banda ultralarga sul territorio nazionale (che al Sud ha buone potenzialità) per ché il progresso economico passa anche e soprattutto da un digitale senza limiti tecnologici.
Ma questo non basta. Il digitale può salvare il Sud, ma questo territorio può trovare nuova speranza solo nella valorizzazione delle risorse umane, e delle tradizioni e di tutto ciò che ha sempre fatto per eccellere: il vino, il turismo, la buona cucina. Senza dimenticare il turismo. Il digitale può aiutare tutto questo, può trasformare un’economia.
Sei d’accordo? Lascia la tua opinione nei commenti. Ma lascia, soprattutto, la tua storia. Vogliamo racchiudere in questo post altre storie, altre esperienze: racconta come (e se) il digitale ha aiutato il tuo business ad emergere e a superare questa crisi che ancora attanaglia il Sud Italia. Ma non solo.
6 Comments
jay uma
07/08/2015 at 10:25 AM -Come si può pretendere che cambino le cose se le istituzioni pubbliche quelle che dovrebbero vigilare, mantenere l’ordine, la legalità nella maggior parte dei casi sono assenti ma soprattutto aprono le porte alla malavita. E le aziende, le persone oneste non riescono ad avere il loro spazio perché c’è sempre l’ombra della gentaglia su di loro.
Mafia 3.0
Nel sud Italia è impossibile trovare lavoro e non è per colpa della crisi, dell’euro o perché siamo in Europa, ma Semplicemente perché, “Tutte le più grandi aziende del sud Italia sono al 99% appartenenti alla mafia”.
Quando parliamo di mafia non si intende più quella di vecchio stampo, quella di una volta, il pizzo, il dispetto, ti brucio la macchina o peggio… oggi la Mafia è 3.0, è social, è soft…. (Ovviamente queste cose esistono ancora ma si tenta di dare meno nell’occhio…)
La mafia di oggi costruisce alberghi di lusso, centri per la raccolta differenziata e lo smaltimento rifiuti, centri commerciali, aziende edilizie, fabbriche, agriturismi, poi assume personale e chi viene assunto deve sorbirsi pretese assurde:
• Non esiste la 14esima
• Non esistono le ferie
• Non esiste la malattia
• Non esiste la 13esima
• Non esiste nessun diritto per chi entra a lavorare in queste aziende
• Ti mettono a regola full time con contratti anche da 2000 € al mese, puntualmente ricevi il bonifico che ti versano regolarmente sul tuo conto bancario ma poi devi prelevare la meta e restituirla loro in contante.
• Ti mettono a regola part time ma devi lavorare full time e al solito parte dello stipendio devi ridargliela indietro.
• Se non ridai i soldi indietro il mese prossimo non vedi stipendio, iniziano i ricatti, i dispetti e cosi ti costringono a licenziarti.
• Ti danno 14esima, 13esima, te la incassi con l’assegno o col bonifico che puntualmente ti fanno e poi devi restituirla in contante al tuo datore di lavoro.
La mafia di oggi paga regolarmente le tasse, “con i soldi dei dipendenti”, manda i figli a studiare all’estero o nelle città del nord Italia nelle migliori università, “con i soldi dei dipendenti”.
E le persone normali non arrivano a fine mese, non hanno da mangiare, e già tanto se riescono a mandare i figli a scuola e a mantenerli fino alle medie …
La mafia di oggi finanzia le associazioni sportive, le associazioni umanitarie, le stesse associazioni che gridano no alla mafia sono finanziate dalla mafia stessa.
La mafia oggi è 3.0, sfrutta tutte le tecnologie web attuali per fare la vittima, per lavarsi i panni sporchi, e cosi sui giornali troviamo pagine zeppe di articoli di qualche giornalista venduto, complice, che parla bene di certe persone. Stessa cosa sui social network, su internet, gente assoldata per parlare bene, e via via si innescano tutte una serie di eventi, meccanismi, da far sembrare candido anche il diavolo in persona… E quelle stesse persone mafiose che negano ogni diritto ai propri dipendenti li sfruttano, li umiliano, poi li ritroviamo anche in tv a fare le vittime. Diventano protagonisti di talkshow, pagati dagli stessi con i soldi dei dipendenti, e parlano di giustizia, di legalità, loro che se possono un dipendente all’interno delle loro aziende lo sotterrano vivo. Ma dicono che i magistrati c’è l’hanno con loro, loro sono, si sentono onesti e grandi imprenditori, ma qualcuno dovrebbe ricordarglielo che vivono sulla pelle dei loro dipendenti, che se non fosse per tutti i favori ricevuti politicamente avrebbero già chiuso da un pezzo.
Per loro, i mafiosi, è cosa normale fare in questo modo, operare con arroganza.
O si fa come dicono loro o non si fa niente, per loro non esistono leggi, non esistono regole, anzi le uniche leggi e regole che esistono per i mafiosi sono quelle imposte da loro stessi quelle che stabiliscono fra vari clan quando fanno accordi per spartissi un territorio, una regione. Per il resto vogliono tutto per se, sono avidi di potere, soldi, toccategli queste cose ed è finita, comincia la guerra.
La mafia 3.0 paga bene i suoi partner. Grazie a scambi di favore, soldi, regali, corrompe chi dovrebbe controllare, “con si soldi dei dipendenti”, chi controlla riceve benefit da parte di chi lo assolda e magari è anche pagato dallo stato “con i soldi dei dipendenti della mafia” che pagano regolarmente le tasse. Cosi tutto tace qualche documento si perde, le cose vanno a rilento e alla fine chi era accusato di essere un mafioso esce da certe situazioni più pulito di come ci è entrato.
E lo stato, semplicemente non esiste. E’ complice con le sue istituzioni, comuni, partiti politici, che si vendono.
La mafia 3.0 è istruita, sa come muoversi come parlare, come prendere in giro migliaia di persone.
Cosa più assurda e che terreni, aziende, tutti i beni confiscati ai mafiosi ritornano poi nuovamente in mano agli stessi, perché nelle aziende confiscate, vengono assunti i figli degli stessi mafiosi oppure i parenti e amici vicini alla famiglia malavitosa, morale della favola?!?! Nulla cambia!!
Per chi lavora (se così possiamo dire) all’interno delle aziende appartenenti alle famiglie malavitose, I soprusi, lo sfruttamento, le minacce, continuano…
PS: vogliamo che le cose cambino?!?! Vogliamo estirpare definitivamente il male che attanaglia una volta per tutte il nostro paese!?!? Abbiamo la tecnologia che è a nostro favore, quanto ci vuole a mettere su un APP, un portale web, affinché sia possibile fare delle segnalazioni anonime direttamente alle istituzioni politiche, allo stato, cosi che poi tutte quelle situazioni poco limpide vengano segnalate, portate alla luce?!?! Le segnalazioni ovviamente devono essere inviate in contemporanea a più enti, come polizia, l’esercito, la guardia di finanza, la dia, anche il papa se necessario, cosi che ognuno possa poi intraprendere i relativi controlli con i propri mezzi a disposizione.
Facendo in questo modo sarà più difficile che un mafioso possa corrompere, comprare, avere favori da parte di qualcuno perché difficilmente riuscirà ad avere amici ovunque …
Michele Papaleo
07/08/2015 at 2:48 PM -Negli ultimi anni al Sud stanno nascendo diverse realtà di impresa molto interessanti, segnale che qualcosa si sta muovendo.
I problemi, però, sono gli stessi da 80 anni.
Riccardo Esposito
19/08/2015 at 2:18 PM -Io confido nelle persone. Il cambiamento partirà dal basso. Grazie alla rete.
Fabio Gangemi
07/08/2015 at 4:18 PM -jay uma;
Triste realtà quella che descrivi e nella quale purtroppo devo ammettere mi riconosco in tante, tantissime cose che ho vissuto direttamente sulla mia pelle.
Per questo ho deciso di cambiare strada e non chiedere mai più niente a nessuno ma di rimettermi in gioco in modo diverso. Questo perchè senza che c’è ne siamo resi conto stiamo attraversando un momento in cui tutto ha subito un reset totale, è cambiato il modo di lavorare in ogni settore. Bisogna ripartire da zero, avere la capacità di innovarsi, di imparare sempre cose nuove, di rimettersi in gioco senza paura o timore alcuno.
Visto che si tratta di innovazione, si parla del mio Sud, della mia terra, la Calabria, mi permetto di condividere il link sottostante per portare a conoscenza di quanti interessati una mia iniziativa che sto cercando di portare avanti, devo ammetterenon senza difficoltà:
http://www.magazine.tipitosti.it/articolo/calabria-fabio-gangemi-inoucity/
Ma voglio crederci, perché al di là di tutto il fango che possono buttarci addosso non siamo tutti mafiosi, delinquenti o truffatori ma c’è una grande realtà fatta di persone che lavorano quotidianamente con passione, facendo tanti sacrifici per portarsi a casa il proprio tozzo di pane onestamente.
La più grande difficioltà che c’è al SUD e che non si fa rete, non si collabora, ognuno cerca da se di accaparrare quanto più può come se gli altri fossero una minaccia per il proprio orticello, non si da spazio alle idee degli altri, non si cercano obiettivi in comune. Ma di questo passo non resteranno che le molliche per tutti, anzi forse nemmeno quelle.
Se si riuscisse ad uscire fuori da questa mentalità chiusa, ottusa, sarebbe una grande svolta per tutti.
Danilo Polidori
07/08/2015 at 10:26 PM -Grazie ragazzi per le vostre testimonianze. Sono sicuro la realtà è difficile e se dovessimo parlare qui dei problemi del sud, non faremmo altro che replicare le conversazioni avute sul tema da 20, 30 o 40 anni.
Leggo con piacere il contributo di Michele e Fabio, nonostante i problemi, hanno voglia di reagire.
Mi farebbe molto piacere se altri giovani intraprendenti/imprenditori di ogni parte d’Italia condividessero le loro esperienze, speranze, successi e, perchè no, fallimenti, dai quali si impara molto.
Quando abbiamo letto il rapporto Svimez abbiamo subito pensato, il digitale è la via di uscita, il cambio di rotta che attendiamo da moltissimi anni ormai.
Il digitale abbatte i confini, libera dai rapporti di “sudditanza” con imprenditori senza scrupoli (certo non sono tutti cosi, ci mancherebbe), da la possibilità di emergere, di far conoscere le proprie abilità, le conoscenze tecniche, l’intraprendenza, la creatività, la voglia di fare.
L’economia digitale offre la possibilità a chi vive in un paesino della bellissima Sicilia, Calabria, Puglia, lontano magari da aeroporti e via di comunicazione importanti, di poter vendere il proprio prodotto (e-commerce) e i propri servizi online a clienti italiani ed internazionali.
Nel 2009 ho iniziato il progetto MediaBuzz dopo aver perso il lavoro. Londra offre tantissime opportunità, ma quando ti trovi a dover trovare un lavoro in un periodo nel quale vengono tagliati 40 mila posti di lavoro a settimana, la competizione ti schiaccia.
Il digitale è stata la risposta. Ho creduto nel progetto, ho lavorato molto e ho conosciuto professionisti eccellenti che mi aiutano a portare avanti il progetto.
Dobbiamo credere nell’economia digitale per uscire dall’impasse, far leva sulle nostre capacità, potenzialità e tornare grandi, ognuno di noi, tutti insieme.
Se crediamo in questo, l’unica cosa che dobbiamo chiedere al Governo Renzi è sta benedetta banda ultralarga, dateci sta benedetta banda e noi suoneremo una musica che non avete mai sentito! 🙂
Fabio Gangemi
19/08/2015 at 2:07 PM -Con tutte le buone intenzioni che ci possano essere se il cambiamento non avviene partendo prima dalle istituzioni, gli enti pubblici non credo si potrà andare lontano. Questi sono i primi che devono dare il buon esempio.
Qui in Calabria, non credo che la situazione cambi molto altrove, abbiamo i comuni, gli stessi enti che dovrebbero contribuire in prima linea a valorizzare il territorio le eccellenze che una città possiede aziende, persone, luoghi di interesse, che invece di collaborare trovare punti d’incontro di reciproco interesse vanno ognuno per la propria strada, ognuno realizza il proprio sito web per la promozione del turismo e taglia fuori dalla propria attività il comune confinante. Stessa cosa fanno le regioni, le provincie, non c’è collaborazione, non si fa rete. “Le informazioni si disperdono”, si finisce con non riuscire a raggiungere informare eventuali potenziali utenti interessati ad una determinata cosa.
Nella maggior parte dei casi questi pensano a fare i favori all’amico di turno, a regalare soldini e mettere su qualche portale che poi morirà dopo qualche mese. Se visto che fine hanno fatto i siti web a livello nazionale dedicati al turismo che sono serviti solamente a bruciare e far scomparire milioni di euro.
Inoltre sono del parere che bisogna fare qualcosa di diverso che vada al di là del solito facebook, per me sopravvalutato tantissimo, perché ammettiamolo se un utente, turista, si reca presso una città che sta visitando non è sul social network blu che andrà a cercare quanto di suo interesse, l’albergo dove fermarsi per la notte, il buon ristorante dove andare pranzare o cenare, il locale dove andare a divertirsi.
Fra l’altro in molti non hanno ancora capito che fare rete significa anche risparmiare tanti ma veramente tanti soldini. Un conto e pensare di lanciarsi sul web da soli con le sole proprie forze e affrontarne tutti i relativi costi, realizzazione sito web, indicizzazione, ottimizzazione, campagne di web marketing e molto altro… un conto è farlo insieme a tantissime altre aziende, utenti, una community dividendone le spese per tutti gli iscritti… direi che si hanno dei vantaggi non indifferenti…
Torno a ripetere se non si esce fuori da quell’ottica di fare tutto da se come se gli altri fossero una minaccia per il proprio orticello, non si va da nessuna parte.Anche se ci sarà la fibra ottica, s enon si cambia testa siamo fuori non servirà a nulla. Giusto per la cronaca, in merito al mio progetto inoutcity.it di cui c’è anche l’App sui relativi Store Google e Apple ho cercato di coinvolgere tempo fa in zona le varie agenzie pubblicitarie che avrebbero potuto affiancare a quanto di loro già propongono ai propri clienti un ulteriore servizio, molto innovativo ma anche a bassissimo costo. La risposta quel è stata? Niente di niente nessuno ha voluto partecipare. Sta di fatto che volenti o nolenti è in atto un cambiamento epocale che se anche non avverrà per mano mia del mio progetto che magari naufragherà, sarà un totale fallimento, lo farà per forza di cose qualcun’altro, magari una multinazionale che farà terra bruciata e non lascerà spazio a nessuna agenzia tagliando fuori tutti da una possibile collaborazione.