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Quando conviene puntare sui brand ambassador

I brand ambassador sono importanti per il tuo lavoro di digital PR. Anzi, in qualche caso può essere la soluzione ideale appoggiarsi a figure come queste. La tua azienda può registrare vantaggi concreti quando decide di organizzare con cura una campagna per lavorare insieme a persone in grado di esporre il brand come un vessillo.

In realtà non si tratta solo di visibilità. Tutti potrebbero essere interessati a ottenere dei vantaggi dalle aziende che amano, il tutto solo per ammettere la propria decisione di usare un prodotto o un servizio. In realtà il brand ambassador va oltre questo. E sotto un certo punto di vista supera il concetto di influencer marketing per abbracciare una logica più ampia.

Vale a dire quella dell’inbound marketing. Hai presente l’ultimo step del funnel? Devi deliziare l’utente fino a farlo diventare un evangelista che propone il nome della tua azienda con entusiasmo e convinzione ai conoscenti. In modo da convertirle, convincere ad abbracciare una nuova fede. Il concetto di brand ambassador si avvicina a questo passaggio: vuoi scoprire altri dettagli? Iniziamo dalla base, come sempre.

Per approfondire: principali esempi di content marketing

Cos’è un brand ambassador: significato

Qual è la definizione di brand ambassador? Ecco un possibile significato del termine: utenti che si presentano come portavoce di una marca, promuovono il brand attraverso i propri canali (possono essere i social media, il passaparola e il porta a porta) in chiave positiva esaltando la propria esperienza.

I brand ambassador nascono con una caratteristica importante: promuovono un brand per convinzione, non per denaro. Non ricevono compensa per tutto quello che fanno o magari solo qualche incentivo. In ogni caso questa è la caratteristica essenziale del brand avocates, vale a dire la piena convinzione.

Non si tratta di un influencer che viene pagato per fare una campagna per promuovere un’azienda qualsiasi. Forse l’ambassador userebbe comunque quel prodotto o servizio nell’attività quotidiana, solo che l’azienda entra in contatto con questa figura per organizzare la promozione.

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Perché queste tecniche funzionano?

Semplice, perché il brand ambassador viene percepito come figura lontana dal compenso economico. Si presenta con chiarezza come un collaboratore dell’azienda, declama la sua indipendenza dato che non viene pagato per le sue dichiarazioni e influenza la sua cerchia di contatti. Che non è per forza immensa.

Anzi, spesso è specifica. Verticale e targettizzata. Se conosci questo settore sai bene che questo può essere un vantaggio strategico difficile da ottenere in altro modo. A volte le campagne di influencer marketing lavorano su grandi nomi con un seguito importante. Soprattutto in termini quantitativi. Non sono attività a costo zero, i prezzi del lavoro con gli influencer sono impegnativi.

Questo perché ci vogliono risorse per organizzare la selezione e il contatto con i personaggi da coinvolgere e bisogna pagare gli influencer per ottenere il servizio. Che però viene visto come una forzatura.

Prova a immaginare: che valore ha un messaggio percepito come un lavoro? Se c’è un buon legame tra testimonial e prodotto la chimica funziona. Hai presente la relazione tra Michael Jordan e le scarpe da ginnastica? Ecco, questa è la dinamica interessante. Altrimenti il rischio è quello di fare un buco nell’acqua.

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Quando usare gli entusiasti del brand?

Il testimonial risolve l’impasse dell’influencer pagato (e quindi poco credibile) parlando alla pancia del pubblico, proponendosi come un contatto in grado di avvicinarsi al quotidiano. Il tutto grazie a un approccio genuino, capace di andare oltre il semplice rapporto economico. Non a caso i brand ambassador amano condividere le proprie esperienze sui social e riescono a raggiungere bacini di utenti interessanti per il lavoro che molte aziende fanno nel caso di promozione per e-commerce.

Collaborare con ambassador può essere una soluzione importante quando operi nel B2C. Vale a dire un settore in cui la vendita è influenzabile, impulsiva, con un processo rapido e meno tortuoso rispetto a B2B.

Si applica solo sulla vendita diretta, cioè quando hai uno shop online da sfruttare? No, però è chiaro che in un lavoro di lead generation in cui la vendita del prodotto o servizio avviene in un secondo momento l’impulso positivo che può dare un brand ambassador si disperde. Ma non perde il suo smalto.

Spesso si sviluppa la figura del dipendente ambassador, un individuo assunto da una determinata azienda e che svolge un lavoro specifico. Ma è parte integrante dell’organizzazione, la fa sua e la trasmette sotto forma di entusiasmo. Ci sono diversi casi famosi di dipendenti che si trasformano in ambassador.

Un caso concreto? Tra i più famosi ricordo Guy Kawasaki con la Apple e Steve Ballmer della Microsoft. Scommetto che nessuno ha dimenticato le sue performance durante le conferenze al di sopra della norma.

I migliori esempi di brand ambassador

Ora la domanda più intrigante è questa: “Qual è il miglior esempio di brand ambassador?”. Forse quello che sponsorizza a più non posso il nome dell’azienda sui propri canali? Questo è un semplice spammer.

La soluzione ideale sarebbe quella di trovare le persone che sono fiere di collaborare con un brand. Che magari per deliziarli hanno bisogno di incentivi e motivazioni, questo è chiaro, ma che alla fine vogliono instaurare una collaborazione duratura negli anni.

Il vantaggio del brand avocates è proprio questo: trasmette un’immagine positiva del prodotto o del servizio, ma lo fa con naturalezza. Perché lo usa tutti i giorni. Quindi l’idea potrebbe essere questa: usare gli ambassador nel momento in cui devi promuovere un prodotto costoso e complesso.

Come organizzare una campagna

Una campagna di brand ambassador non funziona per tutti. Questo non vale per un capo d’abbigliamento che puoi farlo indossare al testimonial di turno per avere un buon risultato. In ogni caso, quali sono i passaggi essenziali per organizzare una buona attività online per i brand ambassador?

  1. Traccia il settore per individuare contatti.
  2. Sviluppa un sistema per coinvolgere.
  3. Come ricompensare gli ambassador?
  4. Definisci obiettivi della campagna.
  5. Monitora i risultati.
  6. Effettua eventuali modifiche.

Le competenze del brand ambassador possono fare da testimonianza concreta: conosce il suo campo e sceglie quel prodotto perché lo usa. Magari gratis perché l’azienda lo incentiva, però lo farebbe ugualmente. E con costanza nel tempo. La relazione tra azienda e brand ambassador no si esaurisce dopo una o due campagne ma si sviluppa negli anni. Questa è una carta importante per comunicare.

Da leggere: native advertising, tutto quello che devi sapere

Brand avocates: la tua opinione

Qui trovi i dettagli per definire il lavoro dei brand ambassador, figure preziose che puoi intercettare sul web con una buona attività di blogger outreach e di digital PR. Non è facile riconoscere queste figure, e ancora più difficile è l’opera di convincimento per fare in modo che si muovino in modo da fruttare.

E diventare una risorsa per il tuo progetto. Ma per questo esistono attività di influencer marketing ben organizzate, in grado di definire equilibri e compiti tra testimonial, micro-influencer e brand avocates. Figure diverse, compiti diversi ma un unico obiettivo: inbound marketing. Sei d’accordo?

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