O meglio, la soluzione è in tutte le logiche legate al content marketing che rispettano la fruizione. Il web ha permesso al messaggio pubblicitario di trasformarsi in consuetudine, in meccanismo automatizzato e deleterio per l’user experience.
Obiettivo finale? Monetizzare, fare in modo che il lettore clicchi sulla pubblicità e porti un guadagno. Ecco la logica dei publisher, dei blog d’assalto, dei quotidiani con grandi numeri alle spalle. Questo ha giustificato pratiche più o meno etiche come il click baiting selvaggio, l’uso di headline poco limpide.
L’autorevolezza ne risente? Poco male, l’importante è fare traffico. Solo che Adblock cambia le carte in tavola. Si impone sul desktop, invade il mobile e permette a tutti di navigare senza interruzioni. Ed ecco che le entrate crollano.
Chi ha sempre puntato sui contenuti di qualità può imporre il proprio punto di vista: se vuoi entrare devi disattivare Adblock. Un caso di successo in Italia? Ti porto l’esempio Salvatore Aranzulla, che ha sempre monetizzato con i banner.
I vantaggi dell’autorevolezza
Cosa può offrire Salvatore Aranzulla rispetto a tanti blogger? Diversi valori, ma tra questi elenco un lavoro costante nel tempo, una massa di articoli utili per diventare un punto di riferimento, un uso accorto e contestualizzato delle sponsorizzazioni. In questo modo le persone sono ben felici di accettare la pubblicità: non è invadente e non impedisce la fruizione dei contenuti.
Altri publisher, invece, ignorano questi segnali e si lanciano contro una battaglia persa in partenza. Continuano a gonfiare la propria piattaforma con tutte le pubblicità del globo, tipo quelle riassunte nella tabella a sinistra, ignorando le possibili conseguenze. Ovvero l’abbandono da parte del pubblico.
Guarda l’immagine in alto. Video e audio che si attivano senza il consenso del lettore si guadagnano il primo posto tra i formati pubblicitari più odiati. Poi ci sono i pop-up e tutte le soluzioni che in qualche modo impediscono alle persone di portare a termine la lettura. Come risolvere questo problema? Come far conoscere i vantaggi del proprio brand?
Con la logica inbound marketing
Ci sono diversi strumenti nella tua toolbox per creare una buona strategia di inbound marketing, ma il punto di partenza è semplice: tutto deve essere ritagliato intorno alle esigenze della singola realtà e al contesto che circonda il progetto.
Molti puntano sul blog, sulla pubblicazione di articoli capaci di intercettare traffico qualificato. Ma non sempre questo basta. Ecco perché puoi investire su altri lidi. Ad esempio nell’influencer marketing, un’attività che ha un obiettivo: farsi notare da una community attraverso la voce di una persona autorevole, capace di spingere le decisioni verso una direzione precisa.
Questo è il passaggio per introdurre il native advertising in questo panorama. Così proponi un lavoro di content marketing su diverse realtà, ma con una caratteristica chiara: devi seguire le linee editoriali. Ci sono diversi modi per proporre il native advertising – nel feed, a pagamento, articoli correlati – ma la base è sempre la stessa:
- Coordinazione editoriale.
- Finalità chiare.
- Focus sul brand.
Un buon native advertising non può proporre soluzioni differenti. Per avere un’idea chiara puoi dare uno sguardo al lavoro di Netflix su Wired: una pagina con un design curato in ogni dettaglio, con un contenuto legato all’universo di questo brand. Ma non autocelebrativo.
La forza del native advertising
Ecco la forza di questo contenuto: bypassare il blocco della pubblicità per farsi leggere dalle persone che cercano determinate informazioni. I grandi publisher possono tamponare la perdita di incassi in questo modo? Il native advertising può essere una soluzione all’Adblock? Prendo le parole di eMarketer:
“According to Enders Analysis, spending on native advertising in Europe is surging, as marketers try to combat consumer disapproval of traditional ad formats, such as banners, pop-ups and autoplay videos. Expenditures jumped by a third in 2015 alone”.
La spesa prevista per il native advertising è in costante ascesa. D’altro canto queste sono le condizioni essenziali, questa è la tendenza per combattere un Adblock sempre più presente. E che in Europa si fonde con uno scetticismo storico.
eMarketer conferma questa tendenza grazie a uno studio di Nielsen: i residenti in Europa non si fidano degli annunci pubblicitari su internet. Ad esempio, solo il 27 % degli utenti ha dichiarato di avere fiducia nei banner, un confronto drammatico rispetto a alla media del 41 % registrata altrove.
Poi si aggiunge la testimonianza della Gran Bretagna che dà il colpo di grazia a questa tendenza. Il 31% degli intervistati sottolinea che il banner è un elemento di distrazione, e tende a evitare i siti web che esagerano con la pubblicità.
Quindi la soluzione è il native advertising?
La soluzione è anche il native advertising. Si aggiungono tutte le strade legate al content marketing che puntano alla qualità, come il video marketing, il blogging, lo storytelling. Senza dimenticare il digital PR che permette a tutto questo di trovare la giusta dimensione, una diffusione degna di questo nome.
Il tutto arricchito con SEO e social media marketing. Ti sembra una buona soluzione questa? Vuoi arginare la forza di Adblock? Lascia la tua esperienza nei commenti, affrontiamo insieme l’argomento.