Cosa significa per te scrivere? Dare forma alle idee, portare su carta informazioni, emozioni, punti di vista. Ecco, forse scrivere vuol dire comunicare. Per questo c’è sempre stato un forte legame tra le parole, la pubblicità e la persuasione.
Non si tratta solo di trasferire dati ma di scegliere le parole giuste per un pubblico specifico. E per un obiettivo chiaro. Chi lavora con il content marketing lo sa bene: c’è bisogno di un copywriter nel team. Nella sezione dedicata alle eccellenze digitali abbiamo intervistato diversi professionisti, e vogliamo continuare questa lista con Primavera Contu.
Chi sei e di cosa ti occupi?
Ciao! Mi chiamo Primavera Contu, mi definisco autrice e copywriter. Ma alla domanda “che cosa fai nella vita?” mi piace rispondere che mi occupo di scrittura. Troppo generico? Beh, di fatto è così: scrivo per il web, ma non solo, creando contenuti per blog aziendali, magazine, riviste e social media.
Mi sono occupata di correggere bozze fin da giovanissima e, successivamente, della creazione di naming, di payoff, di titoli, della stesura di testi per brochure. E di scrittura per il teatro e per il cinema. Ho un blog (www.steampink.it) in cui racconto tutto ciò che faccio.
Racconta ai lettori come hai iniziato
Ho sempre lavorato in teatro, avvicinandomi sempre più alla scrittura (in questo caso drammaturgica e, talvolta, critica). Qualche anno fa mi è stato proposto un semplice lavoro da copy: redazione di contenuti per un sito web.
Così, affiancata da un SEO specialist, mi sono buttata in questa nuova esperienza, scoprendo che la mia inguaribile attitudine per la scrittura creativa poteva prendere delle pieghe sorprendenti. Mi si è aperto un mondo interessantissimo: da allora il mio obiettivo è quello di vivere di sola scrittura.
Meglio lavorare come freelance o in azienda?
Io ho appena scelto di diventare freelance. I motivi sono molteplici: la mia curiosità mi spinge a voler sempre scoprire nuove realtà, a spaziare fra progetti differenti. Ne giovano la mia creatività e la mia necessità di lavorare in autonomia: desidero portare avanti un mio percorso autoriale.
Ovviamente ci sono i contro: in agenzia si è più sicuri, anche dal punto di vista economico, e si è molto meno soli. Ci si confronta con un team e, solitamente, a una certa ora si stacca!
Copywriting: cosa significa per te?
Quando devo spiegare cosa faccio alle persone che hanno poca familiarità con la parola “copywriting” cerco di riassumere il concetto così: metto la scrittura creativa al servizio del commerciale.
Ogni tentativo di definizione è riduttivo: è vero, il copywriter scrive con l’obiettivo di vendere, di fidelizzare, di creare interesse attorno a un marchio o a un prodotto. Ma ci arriva attraverso meccanismi raffinati: gioca con le parole, crea connessioni con le immagini, sintetizza concetti, racconta, comunica, promuove. E, soprattutto, stabilisce una relazione con chi legge (o con chi ascolta).
Qualcuno ha detto che “il copy è una persona che pensa tanto e scrive poco”. Io aggiungo che il copy pensa tanto, scrive tantissimo, poi taglia, sfronda, corregge… finché non rimane solo ciò che serve davvero.
Come si diventa copywriter?
Come accennavo, il mio percorso è anomalo. Vengo dalla pura creatività: ho studiato teatro, sia dal punto di vista pratico (dalla recitazione alla drammaturgia), che da quello teorico (storico-critico). Ho una laurea in ambito letterario e non in scienze della comunicazione: non ho un master in copywriting preso allo IED né tantomeno in ambito marketing.
Ho imparato, e continuo a imparare, lavorando sul campo, come credo sia successo a tutti i copy, a prescindere dalla formazione: ho fatto uno stage in agenzia a seguito dei primissimi lavori commissionati da privati, professionisti o altre agenzie. Poi è arrivata l’esperienza da dipendente presso un’agenzia web: responsabilità, frustrazione, soddisfazione.
E tanto studio, che non finisce mai: dai libri sulla scrittura (penso, per esempio, ai testi illuminanti di Annamaria Testa), ai blog dei professionisti che seguo: potrei citarne una marea, dal blog di Valentina Falcinelli a MySocialWeb di Riccardo Esposito, fino ai tantissimi blog personali di autrici e autori di talento. Traggo insegnamento dalla narrativa, dal cinema, che amo molto, dalle serie tv, dai profili social dei professionisti digitali che stimo. Dall’arte e dal teatro. Insomma, sono una copy in fieri!
Content marketing: come si inserisce in questo percorso?
Il content marketing è essenziale. Sono partita dal web, non dalla pubblicità in senso classico. Le aziende per le quali ho lavorato, per lo più tramite agenzia, sono quasi tutte di piccole o medie dimensioni.
Piccoli imprenditori, aziende a conduzione familiare, giovani startup: realtà per le quali è indispensabile creare attenzione e interesse attorno al proprio brand attraverso la diffusione e la condivisione di contenuti, tramite blog e social.
È un mondo affascinante, sempre in movimento, in cui non ci si può permettere il lusso di non prestare ascolto al pubblico o di non dialogare, e questo mi stimola molto. Trovo anche delle difficoltà. Poiché provengo da un ambito creativo, ho fatto fatica a abituarmi alle logiche del digital marketing.
Una su tutte? Dover misurare i risultati delle proprie azioni! Pur avendo compreso da subito l’importanza di una scrittura SEO friendly, non ne volevo sapere di analytics e strumenti simili!
Beh, mi sono rassegnata al compromesso: il copy secondo me deve conoscere tutti i tools che ruotano intorno alla propria scrittura, senza perdere di vista il proprio ruolo principale, che ha a che fare con le idee, con l’empatia e con la creatività.
Blogging: la soluzione preferita per comunicare?
Oh, sì. Questo vale per le aziende e per i professionisti, non c’è scampo. Il blog è il miglior modo per raccontarsi, oltre che un importantissimo strumento di inbound marketing. Lo trovo divertente, una sfida.
Avere sempre qualcosa di interessante, di utile da raccontare ai propri lettori. Combattere la noia con un piano editoriale efficace, che susciti curiosità, che crei degli appuntamenti. Io stessa sono una blog-addicted: ne seguo diversi, ma solo di alcuni non perdo mai un post, un aggiornamento, un articolo.
Ho toccato con mano quanto il blog possa essere utile (anzi, indispensabile) per le aziende: quanto modifichi, in meglio, il rapporto con il pubblico e con i clienti, e quanto possa influire positivamente anche sulle vendite, per esempio quelle di un eCommerce.
Poi, per quanto riguarda me, dopo un po’ di tempo passato a divertirmi con un blog personale dal carattere sperimentale, ho deciso di raccontarmi come professionista in uno spazio dedicato.
Perché un’azienda dovrebbe puntare sullo storytelling?
Banalmente: perché gli esseri umani non ne hanno mai abbastanza delle storie. Fin da bambini ci facciamo incantare dalle favole, dai cartoni animati della Disney o dalle serie anime giapponesi.
Durante l’adolescenza ascoltiamo e cantiamo con passione i pezzi dei cantautori nei quali ci riconosciamo; andiamo al cinema, in cerca di emozioni di ogni tipo; ci abboniamo a Netflix, innamorandoci dei personaggi di Breaking Bad e Stranger Things.
Non c’è niente che attiri l’attenzione, che fidelizzi, che crei partecipazione meglio di una storia. Lo storytelling funziona perché punta sul nostro bisogno emotivo, tutto umano, di ascoltare dei racconti: prendiamo, ad esempio, la classica pagina “Chi siamo” di un sito aziendale.
Cosa cerca l’utente quando clicca su questa sezione? Vuole sapere con chi avrà a che fare se sceglierà proprio quell’azienda lì: non vuole leggere “siamo leader di mercato”; vuole capire chi sono le persone che stanno dietro a un brand, cosa hanno da raccontare. Potrò fidarmi di loro? Si chiede. Qual è il loro percorso? Cosa hanno imparato negli anni, come sono arrivati fin qui?
Lo storytelling non è una bacchetta magica per la vendita, questo è chiaro: ma è qualcosa su cui puntare per fare breccia nel cuore delle persone, per rendersi unici agli occhi dei potenziali clienti. La vedo in modo troppo romantico? Beh, allora fidiamoci dell’impietoso Analytics: pare che la pagina “Chi siamo”, quando non è ben scritta, generi un alto tasso di abbandono!
Un consiglio che cambierà la vita del lettore
Oddio, che responsabilità. Posso accennare a qualcosa ha cambiato la mia, di vita: nel momento in cui ho deciso di diventare freelance mi sono chiesta cosa avessi da offrire al pubblico, alle agenzie, ai potenziali clienti. In fondo il web è pieno di copy bravissimi, qualificati e instancabili, no?
Che poi è la stessa domanda che rivolgo ai clienti, quando si affidano a me perché parli di loro: “Perché le persone dovrebbero sceglierti? Cosa hai tu che gli altri non hanno?”.
Ho capito che non aveva alcun senso, per me come per qualunque altro professionista, cercare di somigliare a Tizia o a Caio: non potevo che diventare la brutta copia di qualcuno di cui avevo stima! Così ho deciso che avrei continuato a studiare e a lavorare sodo; a farmi ispirare dai “grandi”, senza cercare però di nascondere le mie caratteristiche, le mie peculiarità, ciò che fa di me un’autrice diversa dagli altri.