C’è un problema sostanziale nel lavoro che molte aziende fanno con il branded content: valutano questa occasione come una semplice opera pubblicitaria.
Pensano di sfruttare questi contenuti come comunicati stampa, o forse come article marketing. In realtà con questo nome s’intendono dei post promozionali che vengono pubblicati su altre piattaforme con un obiettivo chiaro: posizionare il brand nella percezione dei clienti.
Tutto deve seguire una regola semplice. Ma al tempo stesso articolata per chi non vuole abbandonare una logica vecchio stampo: branded content non vuol dire pubblicità invadente per interrompere la fruizione dell’utente: i branded content sono ciò che le persone cercano.
Cosa sono i branded content: definizione
I branded content sono delle pubblicazioni che un’azienda aggiunge al calendario editoriale di un sito web che affronta argomenti collegati, oppure su un giornale nazionale che affronta temi differenti.
In sintesi, con branded content intendiamo una serie di contenuti unici – e di qualità imprescindibile – che consentono a una marca di essere visibile con il proprio nome in una realtà utile per i tuoi scopi.
Quindi stiamo parlando di native advertising? Sì, in realtà i contenuti brandizzati rientrano nella macro-categoria della pubblicità nativa. Vale a dire delle inserzioni sponsorizzate che superano la logica dell’interruzione per abbracciare quella della soddisfazione dei bisogni. Non c’è più la logica push.
Si elimina la condizione (ormai superata) che spinge messaggi più o meno targettizzati verso le persone ma quella pull. Vale a dire tirare contenuti utili verso la propria necessità di creare una dieta mediatica.
Da leggere: le aziende dovrebbero investire negli articoli sponsorizzati?
Le caratteristiche di un branded content
L’organizzazione di una strategia di branded content deve essere curata da un’azienda specializzata in content marketing, in grado di fare un buon lavoro di blogger outreach per intercettare le persone e i siti giusti. Magari con un’analisi delle visite e delle keyword posizionate nella serp di Google.
Ma come deve essere un contenuto del genere? Quali sono i parametri da rispettare per avere la sicurezza di comunicare e promuovere al meglio in brand? Ecco alcuni punti imprescindibili.
Promozione chiara
In primo luogo bisogna subito mettere in evidenza il fatto che si tratta di un contenuto sponsorizzato, magari con un logo ben evidente. Ogni forma di branded content visual o testuale deve portare in evidenza la relazione collaborativa tra azienda e sito o testata che pubblica il lavoro svolto.
Linea editoriale
Caratteristica del contenuto sponsorizzato in chiave branded: non deve essere distinto e differente da ciò che si pubblica nel sito web, l’utente deve capire che si tratta di un promoted post ma non deve sentire la mancanza di un contenuto firmato dagli autori. In realtà i branded content possono avere forme differenti:
- Articoli.
- Video.
- Immagini.
- Infografiche.
- Recensioni.
Ci sono contenuti che si pubblicano sui quotidiani nazionali, altri che prendono la forma di un post su un blog di settore o un video in un canale qualificato. Ancora, puoi lavorare con l’influencer marketing e usare il canale di un testimonial noto al tuo target. Ma in ogni caso il contenuto segue le linee editoriali.
Qualità massima
Il branded content non è solo un modo per aggiungere il tuo nome in una pubblicazione su un sito web interessante per il tuo business. D’altro canto i vantaggi in termini SEO sono limitati per le pagine web perché ogni link verso il sito dell’azienda deve essere nofollow. Ma non è questo il punto.
L’obiettivo di questo lavoro riguarda la necessità di far conoscere alle persone chi sei, cosa fai e quali sono i tuoi valori. L’idea base è questa: devi posizionare il tuo nome nella mente delle persone che vuoi raggiungere, nelle abitudini quotidiane e nelle azioni che svolgono ogni giorno.
Quando pensano a un prodotto o a un servizio devono pensare a te. Meglio ancora se questo riferimento riguarda un’idea, un concetto. Tutto questo si ottiene anche con i contenuti sponsorizzati (ma non solo).
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Perché questi contenuti funzionano?
Il motivo risiede nella natura di questi articoli basati sulla linea dell’inbound marketing. Questo significa che sono le persone a sceglierti e trovarti attraverso social, motori di ricerca e newsletter.
Attraverso i contenuti brandizzati lavori su un concetto di base che rende tutto questo una strategia efficace: c’è un’azienda editoriale che ti consente di pubblicare un contenuto per intercettare un pubblico interessante. Ovviamente questo servizio si paga ed è una pubblicità a tutti gli effetti.
Ma con un vantaggio: non c’è interruzione della fruizione, ma si fornisce un contenuto utile. In linea con le esigenze delle persone e la linea editoriale del blog o magazine che ospita la pubblicazione.
Esempio di branded content: BuzzFeed
Tu paghi per pubblicare un contenuto, ma non pubblicizzi un bene o un servizio. Non entri in casa delle persone (in questo caso nel feed o sulle bacheche Facebook) per dire “Compra questo prodotto”. Leggi le parole di Jon Steinberg, presidente di Buzzfeed, uno dei portali più famosi nel settore di branded content:
We would never run a piece of advertising like, ” Buy this stuff now for $ 9. ” We do not do what I call ” shouts in a vacuum . ” It has to be about a message . There Has to be reciprocity. The brand Has to give some content or something of interest in exchange for a little bit of attention.
Chiaro? Non troverai mai sul sito qualcosa che somigli alla vecchia pubblicità. C’è bisogno di reciprocità, di scambio equo: vuoi l’attenzione del lettore, del potenziale cliente? Perfetto, devi dare qualcosa. Devi dare un post che possa attirare l’attenzione ed è proprio questo il compito dei contenuti brandizzati.
Lavorare con lo storytelling video
Buzzfeed è una delle realtà più lungimiranti nel settore stampa online, tanto da iniziare il Social Storytelling Creator Program. Ovvero un programma per formare le agenzie che vogliono collaborare con questa piattaforma per creare contenuti aderenti alla linea editoriale di Buzzfeed.
Una linea che riprende lo storytelling. Ovvero di una comunicazione che segue una continuità nota al lettore, che organizza contenuti in modo naturale e non meccanico. Non c’è Outbound Marketing, non c’è la spinta del messaggio: c’è l’utente che va verso il contenuto. Anzi, che lo condivide con logiche virali.
Un esempio? Il video Dear Kitten pubblicato sul canale YouTube di Buzzfeed per sponsorizzare Purina ha superato quota 17 milioni di visite. Certo, si parte da una visibilità elevata. Ma come riescono a ottenere questi risultati? Perelman parla di attenzione alle emozioni, al legame che si può creare con il pubblico, per creare un modo diversi di confezionare le informazioni. Informazioni che riguardano il singolo.
Tu userai i branded content in azienda?
Il concetto base: con questo canale puoi veicolare informazioni ed emozioni. Bisogna creare un buon equilibrio e riuscire a portare il messaggio all’interno di una narrativa che non annoi, non interrompa la storia. Ma siamo pronti per questo tipo di advertising? Secondo te può fare la differenza nel tuo universo?
9 Comments
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03/11/2014 at 7:23 AM -[…] credo anche se molto si discute su questo argomento. Native advertising e branded content sono una naturale evoluzione da questo punto di vista che se fatti, come sempre del resto, nella […]
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14/11/2014 at 9:08 AM -[…] che interrompono i contenuti: ora la strada è spianata verso la narrazione, e le aziende capaci di creare branded content di qualità riusciranno a guadagnare l’attenzione del […]
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15/12/2014 at 10:01 AM -[…] di autenticità del web, quindi non ho preclusioni sull’utilizzo di native advertising e branded content. Credo che nel prossimo anno scopriremo meglio se e quali evoluzioni […]
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22/12/2014 at 9:09 AM -[…] non su logiche di interruzione ma su logiche di engagement. Poiché il native advertising e il brand content si basano sull’offrire all’utente contenuti altamente profilati, che non interloquiscono con la […]
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21/01/2015 at 7:48 AM -[…] vale per creare contenuti migliori per te, ma anche per migliorare l’integrazione dei branded content. Ovvero una delle strategie più quotate per il 2015 secondo The Guardian (a patto che siano […]
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08/06/2015 at 7:05 AM -[…] che il native advertising, il branded content, siano modi di fare marketing che non rappresentano una minaccia all’autenticità del web, se […]